I recenti cambiamenti nella normativa in merito alla valutazione nella scuola primaria ( Legge 6 giugno 2020, n. 41, l’Ordinanza n.172 del 04 dicembre 2020 e le relative Linee Guida) sono uno stimolo (anche se qualche volta sembrano più uno strattone) a riprendere in mano e ripensare l’intero ambito della valutazione, per offrire ad alunni e genitori una proposta coerente.
Provo a raccogliere alcune riflessioni e qualche spunto pratico che spero possano essere utili a chi lavora nella scuola primaria per affrontare questo compito muovendosi al meglio (dando priorità al principio di efficacia) e con il minor spreco di energie possibile (in base al principio di efficienza).
Cosa cambia in base alla nuova normativa
La prima domanda che mi sembra di cogliere da diversi colloqui è: “Ma siamo obbligati a cambiare la valutazione in itinere?” La risposta è no. È cambiata la normativa che indica alla scuola come comportarsi per la valutazione periodica (i pagellini) e finale (la pagella di fine anno). La valutazione in itinere non è normata dall’autorità centrale ma – non sarebbe possibile altrimenti nella scuola dell’autonomia – è sotto la responsabilità dei docenti. Lo diceva in modo molto chiaro Marco Bruschi nella Nota MIUR 279/2020:
“Si ricorda, peraltro che la normativa vigente (Dpr 122/2009, D.lgs 62/2017), al di là dei momenti formalizzati relativi agli scrutini e agli esami di Stato, lascia la dimensione docimologica ai docenti, senza istruire particolari protocolli che sono più fonte di tradizione che normativa.”
Questo però non vuol dire che possiamo fare finta di niente, abbiamo una occasione per migliorare le pratiche docimologiche e dobbiamo coglierla al volo.
Come valutare “tutti i giorni”
La seconda domanda che spesso ritorna è: “Ma adesso devo usare i livelli (“in via di prima acquisizione”, “base”, “intermedio”, “avanzato”) anche nella valutazione in itinere?” Anche qui la risposta è no, per due motivi. Innanzitutto perché quei livelli parlano del raggiungimento di un obiettivo, e nella valutazione in itinere si parte dalla valutazione di un oggetto o di una performance. Certo, da questi “oggetti” possiamo anche recuperare delle indicazioni rispetto al cammino verso il raggiungimento di alcuni obiettivi (indicazioni che saranno utili in sede di valutazione periodica o finale). Ma sono due cose diverse. Se propongo un dettato (tanto per fare un esempio semplice) devo innanzitutto dare un feedback su come è andata quella prova (in base a quante parole sono state scritte correttamente). Poi potrò rileggere questa valutazione in termini di cammino verso un obiettivo (“scrivere sotto dettatura curando in modo particolare l’ortografia”).
Il secondo motivo è che, se leggiamo bene le descrizioni dei livelli contenute nelle Linee Guida, ci accorgiamo che non possono essere applicate così come sono a una valutazione “puntuale”. Infatti uno dei parametri per stabilire il livello raggiunto è la “continuità della prestazione”. Detto in parole semplici significa che quando si valuta utilizzando i livelli si deve avere una visione su un periodo di tempo abbastanza ampio (un trimestre) in cui si sono svolte più “prestazioni” relative a quell’obiettivo.
Guardare a oggi, pensando a domani
Dobbiamo fare una precisazione. Quello che abbiamo appena detto non significa che quando un docente valuta una prova “puntuale” (un testo scritto, un elaborato, un’interrogazione, una ricerca, un disegno…) non possa trovare il modo di appuntarsi alcune informazioni utili rispetto agli altri parametri (ambito noto/non noto, prestazione autonoma/con un aiuto, utilizzo di materiali predisposti/reperiti in autonomia) per poterli poi rileggere in vista della valutazione collegiale – periodica o finale – degli obiettivi. Questo è importante anche perché non dobbiamo dimenticare che alcuni obiettivi non sono appannaggio di una sola materia. Per esempio “prendere la parola negli scambi comunicativi rispettando i turni di parola” è un obiettivo di italiano, ma in tutte le ore di scuola – a prescindere dalla materia – se i bambini discutono o interagiscono, l’insegnante può osservare e raccogliere informazioni per valutare il livello con cui ogni bambino sta raggiungendo questo obiettivo.
Cosa fare dei voti
L’altra grande domanda che potrebbe emergere è relativa ai voti: “Ma dobbiamo per forza usare i voti?”. La risposta è sempre no. I voti (sei, sette, otto) sono una prassi che non è espressamente vietata. Dobbiamo però essere sicuri che, se li si usa, abbiano significato e che questo sia univoco e chiaro a tutti gli attori coinvolti. E questo forse è il grande problema dei voti: sono etichette facilmente fraintendibili.
Allo stesso modo, non c’è nemmeno l’obbligo di usare gli stessi strumenti di valutazione in tutte le classi. In una scuola si potrebbe decidere di non assegnare voti nel primo triennio e cominciare ad utilizzarli dalla quarta in poi.
Poi, se qualcuno mi dovesse chiedere se mi convince l’utilizzo dei voti nella scuola primaria, probabilmente direi di no, perché sono uno strumento molto complicato da maneggiare, ed è facile usarli male.
Valutazione in itinere: il valore del feedback
Sentiamo sempre più spesso parlare di valutazione formativa. L’atto di valutare deve permettere di fornire all’alunno un’informazione utile per il tratto successivo del suo percorso. Questo vuol dire che è necessario fornire con una buona frequenza dei feedback che siano utili. Rispetto alla frequenza, pensate ai giochi educational per bambini piccoli (tipo Sapientino) che ad ogni singola azione rimandano un preciso feedback (indicando se l’azione è giusta o sbagliata), per aiutare a correggere il tiro. Dobbiamo prestare però ancora più attenzione all’utilità. Pensate alla differenza tra restituire un compito dicendo “è una schifezza” rispetto a “ricordati di rileggere sempre prima di consegnare”. Ho esagerato un po’ (nessun insegnante sano di mente direbbe mai “è una schifezza” del prodotto di un alunno) ma così si capisce la differenza tra un feedback – il primo – che non fornisce indicazioni utili e uno che mi indica come migliorare.
In alcuni casi è possibile fornire dei feedback utilizzando delle informazioni quantitative. Per esempio in un dettato posso contare le parole e restituire come informazione la percentuale di parole corrette. Sapere che un bambino è passato da scrivere correttamente il 60% delle parole al 75% fornisce una indicazione su come procede (probabilmente in maniera molto più chiara e comprensibile di un sei o un sette e mezzo). Certo in una interrogazione questo è più complesso.
Per approfondire questi aspetti vi consiglio la lettura del volume Si può fare di Davide Tamagnini (in particolare il capitolo sulla valutazione).
Azioni e motivazioni
È certamente importante quello che scegliete di fare per cambiare le vostre modalità di valutazione, ma è ancora più importante essere consapevoli delle motivazioni che hanno portato a questo cambiamento.
È il principio della responsabilità: io posso dire di essere responsabile se sono in grado di rispondere delle scelte e delle azioni che faccio. A un genitore che chiede spiegazioni sul sistema di valutazione utilizzato, un docente deve essere in grado di rispondere spiegando perché ritiene (insieme ai suoi colleghi) che sia il modo più utile per accompagnare gli alunni nel percorso di crescita. E questo succede solo se si è investito del tempo a ragionare prima di decidere. Certo, sarebbe più veloce e, almeno apparentemente, più facile se il Ministero o un esperto indicasse una linea di azione (“fate così che va sicuramente bene”). Ma non è un’opzione praticabile nella scuola dell’autonomia. Ogni istituzione scolastica si trova a dover affrontare una situazione unica e quindi deve impegnarsi a costruire la sua soluzione (pensando al territorio, ai bambini, alle famiglie, ai docenti…) Questo purtroppo è faticoso, ma è una sfida imprescindibile per ridare senso all’attività didattica di tutti i giorni.
Non lanciatevi subito in grandi manovre
Partite dall’esistente e modificate pian piano. Per esempio, alcune scuole scelgono di tenere ancora per un po’ i voti e aggiungono una descrizione che specifica con che criterio è stato dato quel voto. Potrei, per esempio, avere due bambini che nella stessa interrogazione prendono otto: il primo perché ha memorizzato molte informazioni ma fatica a raccontarle e il secondo – in modo quasi speculare – ha memorizzato meno informazioni ma riesce a comunicare molto bene. Non abolisco subito i voti ma comincio a sostituirli pian piano con altre informazioni.
Togliete o cambiate quando avete un’alternativa migliore
Probabilmente abbiamo esagerato (come sistema scuola nel suo complesso) coi voti, soprattutto nei primi anni della scuola primaria. Si rischia di far scattare da subito nei bambini l’ansia da prestazione a scapito del piacere di scoprire e imparare cose nuove. Non ho problemi ad ammettere che sono favorevole all’eliminazione dei voti – soprattutto nei primi anni della primaria – ma per farlo i docenti devono aver prima individuato una modalità alternativa per fornire a bambini e genitori un feedback sul percorso di apprendimento. Altrimenti rischiamo di peggiorare la situazione.
Abituatevi ad utilizzare una griglia di osservazione
È uno strumento che permette (con un po’ di pratica) di registrare molte informazioni (in modo codificato) sul processo che si svolge davanti a voi (per esempio una interrogazione o una presentazione).
Qualche idea per cominciare
Un primo passo potrebbe essere provare a censire gli oggetti e le performance che normalmente vi trovate a valutare e chiedervi “cosa” esattamente vi interessa valutare e che tipo di restituzione è utile per i bambini. Si tratta solo di conoscenze? Entrano in gioco anche delle abilità? Questo “oggetto” mi parla anche del cammino per raggiungere un obiettivo?
Come posso tenere traccia di una valutazione che mi parla del cammino per raggiungere un obiettivo?
Non ho una soluzione ma provo a stendere una ipotesi di lavoro se qualcuno vuole sperimentarla. Mi lascio ispirare dalle licenze CreativeCommons che utilizzano una combinazione di sigle per dichiarare (in maniera univoca) cosa si può fare di un oggetto. Per esempio una foto con licenza BY-NC-ND può essere utilizzata a condizione di riconoscere l’autore (BY), utilizzarla per scopi non commerciali (NC – Non Commerciale) e non deve essere modificata (ND – Non opere Derivate). Allo stesso modo si potrebbe cominciare a ragionare su un modo per schedare ogni valutazione con una terna di parametri e il riferimento all’obiettivo. La terna di parametri deve riferirsi alle dimensioni che sono alla base dei livelli della valutazione finale: la tipologia di situazione (NOta o Non Nota), l’autonomia (riesce in AUtonomia o necessita di una GUida) e le risorse mobilitate (il docente deve Creare dei Materiali ad hoc o l’alunno se la cava Senza Materiali specificamente predisposti). Si potrebbe immaginare delle coppie di sigle ( NO/NN – AU/GU – CM/SM) le cui combinazioni sintetizzano il modo con cui ogni bambino se l’è cavata.
Per esempio la combinazione NO – AU – CM sintetizza che l’alunno (rispetto a un certo obiettivo) in una situazione NOta, se la cava in AUtonomia, aiutandosi Con Materiali predisposti dal docente. Nel momento della valutazione finale è possibile rivedere velocemente queste tracce per valutare il livello aggiungendo il parametro della continuità.
immagine di copertina di Mario Aranda da Pixabay