È un rapporto complesso quello tra didattica e tecnologie, che, purtroppo, spesso finisce per polarizzarsi sulle posizioni estreme del rifiuto a priori (perché la scuola era meglio quando non c’erano le tecnologie) o dell’infatuazione (basta inserire la tecnologia a scuola e “magicamente” tutto andrà meglio).
Proprio per non cadere in questi rischi è utile, quando le si trova, analizzare e diffondere esperienze interessanti.
Qualcuno avrà letto sui quotidiani (trovate qui un esempio) la storia di Quinn Callander uno scout canadese che ha deciso di utilizzare la stampante 3D che ha ricevuto come regalo, per creare dei ganci (che alleggeriscono lo sforzo dell’elastico sulle orecchie) per le mascherine che il personale sanitario deve usare continuamente sul lavoro.
Qualche giorno fa ho notato sulla stampa locale questa notizia
Ecco, mi sembra che, nella sua – forse solo apparente – semplicità, rappresenti un buon esempio di come la tecnologia si possa integrare nella didattica (soprattutto quando a scuola si lavora per competenze). La scuola non si estranea dalla vita ma si lascia interrogare dalle necessità del mondo e mette in gioco tutte le sue carte.
Non si tratta di una tecnologia fine a se stessa o usata per darsi un tono (siamo più cool – come si dice oggi – degli altri perché abbiamo una stampante 3D) ma diventa uno strumento in più a disposizione del docente per far attivare i ragazzi e metterli alla prova con compiti significativi.
Restando sull’esempio dei ganci per mascherine, lavorare su questa situazione permette, per fare qualche esempio, di attivare competenze legate a problem solving, lavoro di gruppo, matematica, tecnologia, educazione civica, tutto non in maniera teorica ma focalizzato sulla soluzione di un problema concreto.
Leggi l’approfondimento L’innovazione è un’abitudine al servizio del quotidiano sul sito del Collegio don Bosco Borgomanero