Dietro l’apparente semplicità delle attività proposte ci sono una serie di ragionamenti pedagogici ben precisi. Per chi è curioso di scoprire quale visione di pedagogia e didattica c’è dietro al quaderno dei non-compiti ecco alcuni elementi chiave:
- Scelta attenta dei verbi per coinvolgere tutti i lettori. I verbi sono tutti coniugati alla seconda persona singolare. Questa scelta, che qualche volta complica la frase, è un modo per non usare forme maschili o femminili, così che ogni bambino o bambina, ragazzo o ragazza, che ha in mano il quaderno si possa sentire chiamato/a in causa dalle attività o riflessioni proposte.
- Attività apparentemente démodé. La scelta non è casuale e non è nemmeno un vezzo luddista. È più una questione di compensazione. Riprendendo l’idea del pedagogista Cesare Scurati del diritto all’alternativa, alla fine di un anno scolastico segnato da un – necessario – sovra-dosaggio di tecnologia, è utile usare l’estate per impegnarsi in attività molto più tradizionali e ad alta manualità.
- Attività concrete che portano a produrre qualcosa (una torta, una collana, un video di animazione). Non per limitarsi a fare qualcosa ma perché solo dopo aver fatto – essersi “sporcati” le mani – si può ragionare con profitto. Lo stesso fare sarà allora uno stimolo per capire cosa c’è dietro quell’attività e quindi desiderare di approfondire.
- Nessun obbligo o vincolo rispetto al fare/finire tutto. Seguendo la tradizione della pedagogia attiva, siamo convinti che, perché si possa davvero imparare qualcosa, non è importante la quantità di cose fatte ma la loro significatività. Basta una proposta che mi interessa per attivarmi. È un po’ come il domino: si fa cadere una tessera e parte la reazione a catena. Se l’avvio è corretto e ci sono le giuste condizioni saranno i ragazzi a continuare il percorso in autonomia senza che qualcuno debba spingerli. Anzi, se la cosa li interessa, è probabile che faranno più di quello che potremmo immaginare.
- È un quaderno “riservato” ai ragazzi. Non tanto per abituarli ad avere segreti coi genitori ma per garantire loro uno spazio di sana autonomia, che in una società complessa come la nostra, è qualcosa di sempre più raro. I ragazzi e le ragazze delle generazioni precedenti avevano più occasioni in cui gestirsi da soli (anche solo il momento di gioco libero pomeridiano) e quindi più situazioni in cui imparare ad essere, progressivamente, più autonomi. Oggi, giustamente preoccupati dei mille pericoli in cui potrebbero imbattersi, si tende a costruire intorno a loro vincoli (decidendo i tempi, scegliendo i luoghi, organizzando le attività, garantendo una supervisione costante) che, se da un lato li proteggono, dall’altro non li stimolano all’autonomia. Il percorso per raggiungere l’autonomia richiede necessariamente di mettersi in gioco (e qualche volta provando si potrà anche finire per sbagliare).