La scuola ai tempi del Coronavirus


In questi giorni di interruzione delle attività didattiche in presenza si parla molto di scuola digitale. Provo a mettere in ordine alcuni pensieri nati dall’interazione con insegnanti, personale scolastico e colleghi. Per praticità e per facilitare la comprensione li trovate sotto forma di domanda e risposta.

Premessa: il giusto approccio

Se è vero che questa (come tutti i momenti di crisi) è anche una occasione per fare un salto di qualità, la mia impressione (conoscendo il mondo della scuola da vicino) è che al momento siamo troppo sotto pressione per passare tutti di colpo a una didattica digitale evoluta ben fatta.

Come non è pensabile far fare le esercitazioni di scuola guida su una Ferrari (perché è evidente a tutti che lo strumento non è a portata di un neofito) così ritengo che ognuno debba impegnarsi a fare bene quello che può fare per modificare la sua didattica in una situazione eccezionale. Un vecchio adagio dice che “si fa quel che si può con quel che si ha”. Meglio fare poche cose fatte bene piuttosto che puntare a obiettivi irraggiungibili facendo disastri.

Questi ragionamenti sono pensati in particolare per la scuola del primo ciclo ma alcuni spunti sono validi per tutti gli ordini e gradi di scuola.

Didattica a distanza significa per forza fare video-lezioni?

Sui media si parla molto delle scuole che si sono organizzate per fare video-lezioni, webinar, chat video, e simili, ma ricordiamoci che sono una possibilità non l’unica strada.

Il webinar è un neologismo dato dalla fusione dei termini, in lingua inglese, web e seminar (seminario), coniato per identificare sessioni educative o informative la cui partecipazione in forma remota è possibile tramite una connessione internet. In lingua italiana è traducibile come “seminario in rete”, “teleseminario” o a volte con il neologismo “webinario”. Il seminario in rete è usato per condurre riunioni, corsi di formazione o presentazioni, nei quali ciascun partecipante accede da un proprio computer ed è connesso con gli altri partecipanti tramite Internet. A differenza dei webcast, i webinar sono un sistema interattivo dove i partecipanti possono interagire tra loro e con il coordinatore (auditore) del seminario tramite gli strumenti disponibili dai sistemi di videoconferenza.

https://it.wikipedia.org/wiki/Webinar

Ci sono alcune criticità su cui è bene riflettere prima di decidere come organizzare la didattica digitale:

  • Prestare attenzione al rischio del digital divide. Me lo ricordava un collega qualche giorno fa: diamo per scontato che tutti abbiano a disposizione connessioni potenti ma non è così. Se nei grandi centri si naviga tranquillamente con connessioni a fibra ottica, non c’è bisogno di essere dispersi nelle piccole frazioni di montagna per avere problemi a ricevere una normale connessione ADSL. Le soluzioni che scegliamo devono essere valide per tutti i nostri studenti. Nessuno deve essere escluso o rimanere indietro per questioni tecnologiche. E anche dove la connessione è buona le cose non sono così semplici come sembra. L’altro giorno in una trasmissione alla radio una mamma esasperata (già dopo pochi giorni di figli “a scuola digitale in casa”) riportava il suo caso: due figli di cui uno che segue lezioni col tablet e l’altro che segue lezioni con lo smartphone… il delirio in casa (magari con la mamma che avendo ottenuto il telelavoro deve usare il PC… tutti a sfruttare la stessa banda).
  • Troppo tempo davanti al video rischia di affaticare la vista? Penso al genitore che ha ripetuto più volte al figlio – davanti al monitor o al cellulare per i videogiochi – qualcosa del tipo: “smettila che ti fa male/ti rovini la vista”. E se poi lo propone la scuola? Rischia di diventare un alibi per i ragazzi (che lo rinfacceranno a ogni occasione). O rischiamo, noi adulti, di giustificarci con una “morale” del tipo “il fine giustifica i mezzi”: se è per la scuola va bene. Ma “il fine giustifica i mezzi” non è la logica con cui educare le giovani generazioni alla responsabilità. In più una cosa è lavorare su un PC e altro è lavorare con altri dispositivi (non è vero che sono completamente intercambiabili… provate a elaborare un documento in cui dovete copiare e incollare delle parti o dei riferimenti a siti web lavorando su un tablet). Immaginate di seguire una lezione sullo schermo ridotto di uno smartphone, non è certamente la stessa cosa che seguirla su un monitor nelle condizioni ottimali di luce.
  • Fare una buona lezione a video (registrata o in diretta) non è facile. Forse è utile riascoltare le riflessioni di Alberto Manzi quando spiega il suo ragionamento sul metodo didattico di “Non è mai troppo tardi”: “Nessuno s’era posto il problema che la televisione […] è immagine in movimento. Se io mi fermo per venti minuti addormento tutti. Se voglio tenerli svegli devo fare qualcosa che si muove”. Guarda il video .
  • Con la scuola che si allarga connettendo i ragazzi a casa “il re è nudo“. Nella prassi didattica normale la performance del docente si svolge in un luogo ben definito da cui i genitori sono esclusi per tradizione. Con le nuove modalità i genitori, che magari sono a casa perché hanno ottenuto il telelavoro, non devono più affidarsi ai rimandi dei ragazzi per sapere cosa succede in classe, possono finalmente “sbirciare” come funziona la scuola. Cosa scopriranno? Un passo falso (anche banale come un errore nel riportare un argomento) qui non è più rimediabile con la scusa che il ragazzo ha frainteso…

Allora cosa posso fare?

Intanto la parola d’ordine è progettare. Darsi delle priorità e condividerle coi colleghi perché le nostre energie e il tempo per produrre oggetti e attività didattiche non sono infiniti e dobbiamo usare al meglio le risorse che abbiamo. Per esempio se nella secondaria di primo grado (le medie per intenderci) una seconda resta leggermente indietro possiamo recuperare il prossimo anno ma lo stesso non vale per la terza.

Progettare vuol dire capire cosa realmente possiamo fare con le nostre forze e competenze per offrire ai ragazzi (con i reali limiti delle loro situazioni) occasioni di apprendimento in questo momento eccezionale (che speriamo non si prolunghi troppo). Vuol dire iniziare con soluzioni semplici e, come succede sempre in ambito educativo, rendere le cose più complesse man mano che si acquista dimestichezza.

Sicuramente ragionare in termini di Flipped lesson può aiutare: strutturare piccole attività che chiedano ai ragazzi di fare qualcosa (magari con l’aiuto di genitori, nonni o baby sitter, dal momento che, soprattutto i più piccoli, non saranno a casa da soli). Potrebbe essere l’occasione per sfruttare tutte le cose che non possiamo fare a scuola ma che ci rendiamo conto che sono didatticamente utili e coinvolgenti. Faccio un esempio: cucinare una torta richiede l’attivazione di diverse competenze tra quelle presenti nelle indicazioni nazionali (tra cui utilizzo delle diverse unità di misura, capacità di eseguire calcoli matematici nella gestione delle dosi, uso del pensiero procedurale per organizzare correttamente le fasi di lavoro…). A scuola non possiamo farlo, a casa sì. Poi ci ragioneremo coi ragazzi. Se le condizioni lo permettono ci ragioniamo in questi giorni con una interazione on line… altrimenti avranno accumulato esperienze che condivideranno coi loro compagni di classe e coi docenti appena potremo tornare fisicamente a scuola.

Si possono poi andare a cercare materiali già esistenti, magari non pensati espressamente per la didattica, che si prestano a essere “piegati” ai nostri scopi. Per fare solo un paio di esempi: la serie animata Siamo fatti così (guarda l’episodio Le sentinelle dell’organismo) che può essere utile in una primaria per esplorare temi scientifici e la trasmissione televisiva Te l’avevo detto (guarda l’episodio Verità o troll ) più adatta a una secondaria per capire come lo scienziato guarda il mondo e come diverse competenze disciplinari possono convergere per esplorare “seriamente” un fenomeno (anche apparentemente banale come un video in rete).

Facendo lezione on line si riesce a valutare?

Se con “valutare” intendo la valutazione/certificazione con valore legale a cui siamo abituati (che porta immancabilmente al voto sul registro – tradizionale o elettronico) temo che la risposta più sensata sia: non si può fare. Non mi risulta ci siano modi per avere l’assoluta certezza (necessaria per dare un valore “legale” al risultato della valutazione) che nessuno stia in qualche modo aiutando o dando suggerimenti allo studente.

Resta la funzione formativa della valutazione. Anzi forse questo è il momento per riscoprire che la valutazione serve innanzitutto allo studente per capire a che punto è del suo percorso e su cosa si deve impegnare per arrivare al successo formativo.

In proposito mi sembra utile ricordare (semplificando un po’) due spunti dalle idee di Skinner:

  • il rinforzo positivo ha molto più effetto del rinforzo negativo nel modellare il comportamento. Purtroppo l’esperienza scolastica e sociale di molti di noi non è stata guidata da questo principio. Se tornavamo a casa con un buon voto avevamo fatto il nostro dovere e la questione rinforzo positivo era terminata così. Se arrivavamo con un brutto voto, ecco che partiva con forza il rinforzo negativo (che, ammettiamolo, non aveva questo gran risultato).
  • il feedback, per dare un rinforzo significativo, deve arrivare non alla fine dell’attività ma man mano che si svolgono i singoli passi, per arrivare a garantire una attività di successo. Il giudizio alla fine del tema non cambia molto il mio modo di scrivere. Lavorare in maniera collettiva, ragionando e correggendo un testo frase per frase, ha la possibilità di modificare il mio modo di lavorare.

Se vuoi su questo sito trovi alcune idee e spunti per proporre compiti di realtà fattibili a casa in questa situazione di emergenza. Si tratta di attività interessanti e utili dal punto di vista della didattica per competenze.