Un bambino di seconda elementare, si chiamava Marco, non ricordo per quale motivo all’interno di una discussione che si stava facendo in classe, mi dice: «Maestro, lo sai che ci sono le corde vocali?»
Alberto Manzi
«Che ne sai delle corde vocali? A che servono?» gli chiedo.
«Il babbo mi ha detto…»; mi accorsi che Marco aveva avuto una certa informazione… una conoscenza di qualcosa che però non poteva verificare direttamente. «… le corde vocali sono 21»; questa affermazione di Marco mi fece subito drizzare le orecchie e gli chiesi il perché.
«Quante sono le lettere dell’alfabeto?…», mi disse Marco.
A quel punto, dentro di me ho pensato: lui ha due esperienze, o meglio, una esperienza e una conoscenza. Da una parte egli ha l’esperienza delle lettere dell’alfabeto, che conosce e utilizza; dall’altra ha una conoscenza data da qualcuno che gli ha detto che ci sono le corde vocali… Cosa ha fatto Marco? Ha legato queste due esperienze/conoscenze e ne ha tirato fuori un concetto.
Allora io, per metterlo alla prova, gli ho detto: «Ma se voglio dire ypsilon?», e Marco prontamente, mi fa: «Maestro, si vede che non capisci niente! Y è fatta da i, p, s, i, l, o, n. Te con queste 21 corde ci parli tutte le lingue!».
Come potevo dimostrare che era un concetto sbagliato? O sgozzavo qualcuno e gli facevo vedere che le corde vocali sono 4 e non 21, oppure glielo imponevo, però l’imposizione non forma un concetto scientifico, si dimentica facilmente oppure rimane in forma astratta nella mente ma non provoca una crescita intellettuale.
Ci pensai un paio di giorni, poi andai a scuola con un violino. Un violino ha quattro corde e con l’archetto ho cominciato a strimpellare e ho fatto provare anche a loro, anche Marco e ad un certo punto ho detto: «Che strano, un violino ha quattro corde, eppure quam suoni fa!». Non so se poi lui ha modificato il concetto che aveva, ma sicuramente è rimasto colpito da quell’esperienza.